Sentiamo dire che la laurea è solo un “pezzo di carta” e che non serve per trovare lavoro. A causa dell’alto tasso di disoccupazione giovanile e di una crisi economica che toglie ogni sicurezza alle nuove generazioni, c’è infatti chi mette in discussione l’utilità di questo titolo.
Ma ha ancora senso laurearsi oggi? Conviene investire le proprie energie e il proprio tempo per un titolo che non dà garanzie per il futuro?
Quel “pezzo di carta” nel 2022 non rappresenta certo il pass che ti spalanca le porte del mondo del lavoro, ma è comunque un ottimo investimento per la crescita professionale e personale.
Insomma, per laurearsi bisogna farsi un gran mazzo, ma vale sempre la pena farlo.
L’importanza della laurea
Come dice Luca Altimani in un post su LinkedIn: “Anche il denaro è un pezzo di carta. E capisci quanto è importante solo quando ti ritrovi a dover pagare, per esempio l’affitto”.
L’importanza di un pezzo di carta come può essere il diploma di laurea dipende dall’insieme dei valori che gli attribuiamo. Quell’attestato rappresenta l’insieme delle giornate intere passate a sottolineare i libri, degli innumerevoli fogli impiegati a fare riassunti e schemi, delle ore spese a ripetere il programma. È l’insieme delle notti in bianco, dei sacrifici, degli aperitivi saltati per restare a casa a ripassare, ma anche di tutte le gioie vissute per raggiungere quel traguardo.
(Ah, e aggiungiamo anche un bel carico d’ansia da gestire ogni volta che dovevi sostenere un esame, per quanto mi riguarda almeno).
Ma come fate a dire che tutto questo non conta niente?
Se consideriamo la laurea solo un mezzo per trovare lavoro stiamo sminuendo il tutto. Significa che non stiamo dando nessun valore al cammino che abbiamo fatto per raggiungere quella meta. Perchè ok che lo avete già sentito mille volte, ma davvero nella laurea quello che conta è il percorso.
Svalutare il percorso significa svalutare se stessi
Significa che ci stiamo sminuendo come persone e stiamo svalutando le nostre capacità (perché qualcuna la abbiamo acquisita). E poi se non diamo valore a quel “pezzo di carta” come possiamo farci valere quando cerchiamo un lavoro?
E così finiamo per accettare condizioni lavorative indecenti perché c’è la crisi e non c’è lavoro quindi meglio accontentarsi. E quando ci capita di essere presi per fare un tirocinio sottopagato, pensiamo addirittura che la dea fortuna ci abbia finalmente baciato la fronte (mica si può trovare di meglio di 300€ al mese per uno che sta iniziando, no?).
Ma se noi non siamo i primi a credere nel nostro valore perché dovrebbero farlo i datori di lavoro?
Dire che laurearsi non serve a niente non è vero: rimane comunque un importante traguardo dal punto di vista professionale e personale. Un’esperienza che fa crescere e rende competitivi nel mondo del lavoro. Impari a lavorare in gruppo, con criterio e spesso ti ritrovi a fare progetti per aziende con cui non avresti mai potuto avere un contatto altrimenti. Dunque, dobbiamo essere noi i primi a dare valore a quello che abbiamo studiato e a tutto l’impegno che ci abbiamo messo.
Ma la laurea serve per trovare lavoro?
Fino agli anni ’80 rispondere a questa domanda era molto semplice. Allora il titolo accademico ti garantiva un’occupazione sicura. Chi si laureava riusciva in poco tempo a trovare lavoro senza troppi problemi. Banchieri, CEO e direttori non erano così qualificati, almeno non quanto lo siano oggi. Le pretese erano decisamente minori. (Sì, i nostri genitori hanno davvero vissuto un periodo fortunato).
Oggi il mercato del lavoro e le dinamiche che lo regolano sono totalmente cambiate e la laurea purtroppo non è una bacchetta magica che fa apparire in un nanosecondo il lavoro dei sogni quando abbiamo concluso l’università.
Ma è importante capire, e far capire, che questo titolo accademico ti fornisce comunque delle conoscenze e competenze spendibili nel mondo del lavoro. E non arricchisce soltanto il bagaglio culturale di chi la consegue ma dà anche maggiori opportunità a livello professionale, soprattutto se si vuole crescere in un’azienda.
Per lavorare nel digitale bisogna avere la laurea?
Per lavorare in ambito digital la laurea non è una condizione essenziale. Si può lavorare in questo settore anche senza averla, ma comunque bisogna studiare lo stesso e tanto.
Questo è un settore in continua evoluzione e per essere sempre sulla cresta dell’onda, occorre continuare a studiare per essere aggiornati. Ma questo vale anche per chi è laureato: la laurea oggi non basta e chi lavora nel digitale deve sempre apprendere nuove competenze. Deve andare oltre.
Nel digitale la preparazione teorica è importante, ma bisogna fare molta pratica. Non ti chiedono sicuramente il voto di laurea, ma i progetti a cui hai lavorato, quelli sì. Formarsi parallelamente all’esperienza pratica ti consente di accorciare i tempi di inserimento nel mondo del lavoro.
Ostentiamo con orgoglio i nostri titoli
È vero, oggi la laurea non è tutto: sono più importanti le competenze e il valore che ciascuno di noi dimostra di avere nel proprio lavoro. Comunque studiare apre la mente e prepara ad affrontare le sfide che la sfera professionale ci mette davanti.
Continuo a sentire tante persone che sminuiscono il proprio indirizzo di studi. Come se si vergognassero della propria formazione. Spesso ad essere demonizzate sono le lauree umanistiche, considerate “inutili”. E indovina da dove arrivo io? Proprio dalle lauree umanistiche.
Ma se quello che a me piaceva studiare stava proprio lì, ma di cosa mai dovrei vergognarmi?
Ma non esistono lauree inutili, esistono solo persone che non sono capaci a valorizzarle. Dobbiamo avere maggiore fiducia in noi stessi e nella nostra istruzione. Proviamo a darle il valore che merita.
Lo so che ci sono i fuffaguru che ti dicono che l’università è una perdita di tempo, ma quale sia il miglior modo per spendere il tuo tempo lo sai solo tu. Chiunque provi a convincerti di cosa è meglio per te, è una persona dalla quale io girerei alla larga (my opinion).
Ostentiamo i nostri titoli, qualsiasi essi siano, quando serve e parliamone con grande orgoglio. La laurea è molto di più di un pezzo di carta. Perché non è il titolo che conta ma l’impegno profuso per ottenerlo, tutto il bagaglio di conoscenze che abbiamo acquisito, l’esperienza che abbiamo fatto durante il percorso.
E ora ciao, vado a preparare quello che spero sia essere l’ultimo esame universitario della mia vita. Servirà mai a qualcosa la statistica nella mia vita? Chi lo sa, ma almeno so distinguere una variabile dipendente da una indipendente.